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Sostenibilità digitale: anche il web inquina

da | Lug 20, 2022 | inspiration, Seo

La sostenibilità digitale è un tema che coinvolge anche il nostro modo di utilizzare internet e i comportamenti quotidiani che possiamo adottare per rendere più sostenibile l’utilizzo del web, non solo per l’ambiente.

Cosa si intende per sostenibilità digitale?

Se torniamo alla definizione originale di sostenibilità digitale scopriamo che, nella sua accezione principale, lo sviluppo tecnologico deve contribuire a creare un mondo migliore, aiutando le aziende a fare business in modo green, sfruttando la digitalizzazione e gli strumenti a disposizione. Questo significa che lo sviluppo tecnologico può e deve intraprendere una strada più sostenibile, che tenga conto di tre aspetti chiave: ambiente, economia e società. Per una visione esaustiva dei principi chiave legati alla sostenibilità digitale vi invito a leggere il testo integrale del manifesto per la Sostenibilità digitale.

sostenibilità digitale

Anche i byte inquinano

La trasformazione digitale ha portato le aziende a utilizzare massivamente i nuovi strumenti e tra questi anche il web, così anche noi ci siamo abituati sempre più a trasferire dall’offline all’online, acquisti e comportamenti, con l’impressione – in parte reale – di impattare meno sull’ambiente. L’acquisto della spesa online mi fa usare meno l’auto, chi me la porta fa un viaggio unico per soddisfare più richieste e si potrebbe continuare con moltissimi altri esempi.

Quello a cui non pensiamo abbastanza però è che anche i byte inquinano; l’utilizzo dei dati e la loro conservazione determina un consumo energetico elevato, i data center sono in grado di consumare enormi quantitativi di energia elettrica con un reale impatto sull’ambiente, questo consumo riguarda non solo il funzionamento ma anche il raffreddamento dei server. Quindi anche reel, post o tweet inquinano perché smuovono di fatto una marea di reazioni in termini di byte. Dati da condividere, immagazzinare e conservare.

Altri esempi? Stando alle stime ad oggi, una singola transazione di bitcoin ha un consumo equivalente a 1,2 milioni di transazioni effettuate con carta di credito, con un’impronta carbonica pari a. 1,9 milioni di transazioni dello stesso tipo. E ancora, recenti studi hanno dimostrato che il web sarebbe responsabile di circa il 2% di tutte le emissioni di CO² mondiali, già nel lontano 2013 James Christie, nell’articolo Sustainable web design, sosteneva che il 40% di tutte le emissioni della rete “cade almeno parzialmente sotto la responsabilità delle persone che ‘fanno’ il web”. Ed ecco che chiamati in causa sono quelli che il web lo fanno, utilizzando immagini troppo pesanti o soluzioni grafiche che appesantiscono il DOM del sito.
Se ancora non siete convinti vi basterà dedicare qualche minuto al progetto Joana Moll, autrice di COO2GLE un’installazione online che in tempo reale mostra la quantità di anidride carbonica prodotta da Google.com: un semplice contatore stima quanto l’utente stia inquinando il pianeta ogni istante che passa.

Le risorse del web non sono infinite

Oltre alla questione dell’inquinamento digitale, c’è un altro aspetto che tendiamo a trascurare: il cloud, l’etere e i bit, ci sembrano infiniti, quando in realtà non lo sono. Come siamo abituati a fare un po’ con tutto – per poi rimpiangere il fatto di non aver prestato cura alle risorse a nostra disposizione e preoccuparci a posteriori e troppo tardi delle conseguenze­ –, tendiamo a saturare il web con i nostri contenuti. Scriviamo, postiamo, pubblichiamo e pretendiamo che l’algoritmo ci privilegi rispetto agli altri in quella che è una vera e propria marea di dati online. La verità è che occorre prestare attenzione alle risorse a nostra disposizione; algoritmi, motori di ricerca, spazi web non sono infiniti, hanno confini e risorse che non possiamo sprecare.

Buone pratiche SEO

Per far sì che il sito sia ben posizionato, la cosa più importante è far leggere al motore di ricerca le pagine e le informazioni più importanti. In poche parole, non devi sprecare il budget view né il crawl budget, che si può tradurre banalmente con il tempo che i motori di ricerca “dedicano” alla scansione dei nostri contenuti. Di fatto questa operazione viene fatta da tutte le piattaforme, ed è facile da capire se pensiamo che tutti noi – e siamo davvero tanti – produciamo contenuti.

Motori di ricerca e social si nutrono di tutti questi contenuti e devono decidere cosa fare vedere agli altri e cosa premiare tra la mole di dati che vengono riversati in rete. Il crawl budget è la quota di attenzione che il crawler ci dedica, per questo occorre ottimizzare il sito affinché il motore di ricerca non perda tempo su pagine inutili, si concentri su quelle strategiche e sui nuovi contenuti che “immettiamo” in rete. La verità che è vitale prestare attenzione a tutto ciò che “sforniamo” per non “saturare” gli strumenti che ci leggono, indicizzano e ci posizionano.

Si possono fare esempi molto concreti da un punto di vista SEO: se state gestendo un portale editoriale, è dannoso fare un articolo diverso ogni anno per un evento ricorrente, meglio creare un’unica risorsa e aggiornare quella. Se sul vostro e-commerce non vendete più un determinato tipo di prodotto, eseguite un redirect a una pagina con un prodotto simile se lo avete, diversamente, lasciate che restituisca un errore 404 (file non found), evitate di dirottare traffico su pagine non pertinenti o ancor peggio prive di contenuto o non in linea con le esigenze dell’utente e del motore di ricerca.

Questi comportamenti “virtuosi” sono esempi di buone pratiche da adottare a livello SEO che ci aiutano a non “inquinare” il web con articoli ridondati o duplicati e non costringono i motori di ricerca a sprecare tempo inutile. Per concludere, posso riprendere senza timore una frase di Kenneth Ewart Boulding “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista.”

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