Credenza, leggende e anche un po’ di sano esoterismo, per molti i gatti hanno 7 vite, nel mondo anglosassone anche 9. Poco importa, quello che mi attrae è il significato più profondo che ci sta dietro, perché per associazione immediata penso a parole come “rinascita” e “cambiamento”. Quante vite siamo disposti a vivere? Ma soprattutto, quante identità professionali siamo disposti a cambiare nella nostra vita?
Sommario
Cambiare professione ci rende meno credibili?
Confucio diceva bene “Abbiamo due vite, la seconda inizia quando ci rendiamo conto di averne solo una”. È da giorni che ci rimugino, complice il fatto che nei miei corsi vedo sempre più studenti “attempati”, con un’età media che va dai 35 ai 45 anni. Hanno tutti un lavoro alle spalle, hanno voglia di aggiornare la proprie competenze e in alcuni casi di “imparare” un nuovo mestiere e rimettersi in gioco. È un percorso difficile e spesso si fa fatica a farsi prendere sul serio.
Ricordo che il buon Ligabue (ndr, il cantante) è stato oggetto di critica perché “faceva troppe cose”. Se provate a cercalo su Google, Wikipedia lo descrive come scrittore, cantautore, sceneggiatore, regista… E non è l’unico, in molti hanno storto il naso quando Lady Gaga si è messa a recitare, finendo poi per ricredersi (avete visto House of Gucci? Spettacolare). L’elenco potrebbe continuare, ma la verità è che non c’è bisogno di scomodare esempi famosi. Tutti noi nel nostro piccolo abbiamo passioni e sfumature che ci portano a essere bravi in attività differenti o attitudini che ci farebbero propendere per un mestiere, ma poi ne facciamo un altro per mille motivi diversi (aspettative dei genitori, occasioni, fortuite opportunità o imprevisti).
Sono del Sagittario e già questo la dice lunga su quel costante equilibrio precario tra insoddisfazione e desiderio di fare cose nuove che mi accompagna da sempre. È una voragine che si allarga a dismisura a mano a mano che “sperimento”. Quindi questa cosa di cambiare pelle, mi è familiare. Sembra passato un secolo, è invece a ben guardare sono solo pochi spicci. Nel 2014 ho tagliato i capelli corti, sentivo di dover cambiare, ho iniziato da lì come capita spesso. Un cliché, né più né meno di tanti altri che affliggono la nostra vita di essere umani. Poi ho iniziato a costruirmi un nuovo lavoro, mi sono fatta le ossa nella pratica, ho studiato la sera e nel weekend. Quando mi sono sentita pronta ho lasciato il mio vecchio lavoro – avrei dovuto farlo prima, perché è inutile forzare una situazione quando non la sentiamo più giusta per noi, ma con il senno di poi siamo bravi tutti –; ma il mio è stato un salto ragionato e un cambio di rotta sempre nella stessa direzione.
Dall’editoria sono passata alla comunicazione digitale, tornando un po’ al mio primo amore (nel lontano ’96 per pagarmi gli studi ho lavorato in un internet provider dove ho imparato a “fare” siti quando si facevano scrivendo codice in HTML). Sono passata da strumenti e settori diversi, ma ho sempre lavorato con le parole e continuo a farlo anche oggi.
Cambiare pelle è faticoso, ci vuole tempo, coraggio ma soprattutto fegato perché potrebbe andare male. Ma è una figata, perché se te la senti vuol dire che è la cosa giusta per te. Cambiare identità, soprattutto se restiamo coerenti con il nostro percorso professionale, ci rende più interessanti, resilienti, adattabili e creativi agli occhi di un potenziale mercato.
Identità professionale: come ci si racconta?
Sono proprio quegli studenti “attempati” di cui parlavo prima a sollevare una domanda ricorrente: come si può conciliare passato e presente? Come si racconta un’identità professionale in trasformazione restando credibili? Ho risposto per tanto tempo allo stesso modo e l’ho sentito ripetere da docenti e guru di marketing: scegli.
La nostra mente è programmata per assimilare poche informazioni; quando ci presentiamo, quando vogliamo spiegare chi siamo, quando creiamo il nostro profilo Linkedin per mostrare i nostri talenti, dobbiamo “puntare” su un’identità unica, coerente con la narrativa che scegliamo per raccontarci agli altri nel mondo del lavoro. “E se faccio più cose insieme?”….già, perché il mondo del lavoro è cambiato drasticamente. Non è più quello di prima. Ben inteso, anche oggi ci sono avvocati, dentisti, apicoltori e fornai…ma ci sono professioni che per esigenze di mercato hanno confini meno definiti (un seo specialist fa siti internet o scrive testi per il web? Un social media marketer si occupa anche di creare contenuto?).
Ho scelto per molto tempo di dare ascolto ai guru del marketing, ora un po’ meno. Nel raccontarsi la cosa più importante è creare una narrazione coerente, spiegare e far capire il perché delle scelte fatte. In Linkedin possiamo usare il riepilogo, per dare un senso alla nostra identità professionale, iniziando a raccontare cosa possiamo fare in concreto per un possibile interlocutore ma spiegando anche perché, in virtù delle esperienze maturate e del percorso professionale che ci ha condotto fino a qui. In un post, possiamo raccontare il contenuto mettendo in luce gli aspetti che si sposano con il nostro percorso professionale. Impariamo a spiegare cosa ci rende unici e diversi dagli altri. È un po’ come mettere in fila i mattoncini della Lego, occorre andare per incastro, nella giusta sequenza, se no cade tutto.
Il mio profilo Linkedin non è perfetto, ma parla di me e dei miei cambi di pelle, cercando di “mettere ordine” nelle mie scelte professionali.