Un po’ perché va di moda, un po’ perché ci piace, di fatto di sostenibilità se ne fa un gran parlare; a riportare la mia attenzione sul tema anche gli ultimi due corsi di aggiornamento professionale richiesti dall’Ordine, da un lato un approfondimento verticale su come leggere un report di sostenibilità e dall’altro un focus specifico sui 17 goal individuati all’interno dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Un ottimo modo per analizzare due facce della stessa medaglia, ma soprattutto le implicazioni e il ruolo che, a diverso titolo, giocano le aziende, le istituzioni e gli individui.
Sommario
Sostenibilità: un’esigenza improrogabile
Forse i primi ad esserne accorti sono proprio loro, i grandi marchi della moda che hanno visto le scelte di millennials e generazione Z influenzate da un approccio sostenibile, dall’uso di fibre naturali all’assunzione di una filiera protetta, in grado di minimizzare gli sprechi, l’inquinamento e lo sfruttamento dei lavoratori. A confermarlo il Report 2020 sulla moda consapevole a cura di Lyst, la più grande piattaforma di moda, in collaborazione con l’associazione Good On You che evidenzia come i consumatori di oggi orientino le preferenze d’acquisto in funzione dell’impatto sulle persone, l’ambiente e gli animali. La moda sta traghettando verso il cosiddetto slow fashion, che prevede di acquistare meno capi e più di qualità, ma non solo. In ogni settore, cresce l’esigenza di “impattare” meno sull’ambiente e di ragionare di più sul costo che le nostre azioni hanno sul pianeta.
Non è che prima non si prestasse attenzione a questi aspetti, è che oggi è diventato impossibile non farlo perché di fatto l’impatto che la nostra esistenza determina sul pianeta è a un punto di non ritorno. Più semplicemente, per prendere in prestito le parole di Kenneth Ewart Boulding “Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista.”
Di sostenibilità si parla tanto, dunque, ma soprattutto perché comporta scelte responsabili, coerenti e impegnative che costringono aziende, istituzioni e noi tutti a comportamenti in grado di ridurre l’impatto globale.
Siamo sempre più consumatori consapevoli e sostenibili
Siamo sensibili perché abbiamo capito che non possiamo permetterci il lusso di fare altrimenti e questo ha creato da un lato consumatori più attenti e dall’altro brand e marchi più sensibili al reale impatto che scelte aziendali e produzione industriale hanno sul pianeta, in termini economici, sociali e ambientali. Si tratta di un cambio di prospettiva che investe tutti i settori, anche se in alcuni questo cambio di rotta appare forse più evidente. La moda in primis – secondo un Report delle Nazioni Unite l’industria della moda è la seconda più inquinante dopo quella petrolifera –, ma anche il turismo, che ha davanti a se una sfida entusiasmante che può produrre modi nuovi e stimolanti di riscrivere il modo di viaggiare.
Turismo e sostenibilità: I need Swisstainable
A questo proposito, vi segnalo un’interessante iniziativa di Svizzera Turismo, I need Swisstainable, una mostra multisensoriale dedicata alla sostenibilità, gratuita e visitabile fino al 29 maggio a Milano, nell’«House of Switzerland», all’interno degli spazi della Casa degli Artisti, nel cuore di Brera. L’esposizione, ideata dallo studio Arabeschi di Latte / Francesca Sarti è suddivisa in cinque aree e racconta l’approccio green al viaggio nelle sue differenti sfaccettature, dalla tutela del paesaggio alla valorizzazione dei prodotti locali, dall’uso dei trasporti pubblici alla riscoperta di tradizioni secolari. In mostra anche diversi brand e aziende innovative come Mammut, che trasforma vecchie corde per alpinismo in T-shirt, estraendo la poliammide, per allungare il ciclo di vita dei suoi prodotti e ridurre gli scarti.